CRISI RELIGIOSA DI GEORGE FOX
Della persona di George Fox e del decorso della sua vita non diremo qui che poche parole. Il suo ritratto ci è dato , oltreché dal suo Giornale autobiografico, dal suo più illustre amico e seguace, il famoso William Penn.
Nato a Fenny Drayton , nella Contea di Leicester, nel 1624, da agiati genitori, – il padre suo tessitore suo tessitore di proverbiale onestà, e la madre giudicata della “razza dei martiri” – egli si distinse già da fanciullo per gravità , interiorità e speciale sensibilità. Ancor giovanetto, posto come apprendista presso un calzolaio, commerciante anche di bestiame e di lana, del quale presto divenne il “factotum”, egli spiccò per scrupolosa sincerità e rettitudine. Quando il giovane Giorgio aveva pronunciato il biblico “Verily” (“Amen”, ”In verità , per certo”) , si poteva con sicurezza contare sulla sua parola.
Ma presto il contrasto tra la sua anima retta e pura, sensibile, delicata, aspirante verso le ragioni ideali del bello e del buono, e la società corrotta, falsa, febbrile, furiosa di passioni politiche – siamo nel periodo della lotta fra la Monarchia degli Stuarts e il Parlamento – , lo scosse dalla sia visione serena, suscitò il tumulto nella sua anima, e gli impose l’alternativa dell’essere o non essere se stesso: del valore della vita e della diesa dei propri valori spirituali. Fu la sua “tempesta del dubbio”: la sua crisi di gioventù, rappresentativa della crisi di un’epoca. Carlyle, nel suo “Sartor Resartus” ne fa il seguente quadro, per mezzo del paradossale Teufelsdroeck.
“Forse l’incidente più notevole della Storia moderna è non già la dieta di Worms (nella quale Lutero rivendica alle supreme autorità civili ed ecclesiastiche, la supremazia della coscienza. “La Scena più grandiosa della Storia moderna” , la chiamò Carlyle stesso) e meno ancora la battaglia di Austerlitz o di Waterloo…, ma un incidente sorvolato dalla maggior parte degli storici, mentre altri lo pongono in ridicolo: cioè quello di George Fox che si foggia un abito di pelle. Questo giovane seduto nella sua bottega a lavorare pelli conciate, tra pinze, barattoli di colla, resine e setole, aveva dentro di sé uno Spirito vivente…, che non si rassegnava a restarsene lì sepolto sotto monti di cianfrusaglie… Il compito di confezionare ogni giorno un paio di scarpe, sia pire con la prospettiva del salario e di divenire un giorno uno stimato Maestro Calzolaio…, non bastava a soddisfare uno spirito ardente come il suo. Mentre lavorava di resina e di martello, gli giungevano sentori, splendori e terrori dalla sua patria lontana: giacché questo povero era un uomo : quel Tempio immenso del quale , come uomo, era stato destinato sacerdote, era per lui pieno di in sacro mistero.
Il Clero del vicinato, gli autentici e consacrati Guardiani e Interpreti di quello stesso sacro mistero, prestarono l’orecchio, senza cercare di dissimilare la loro noia, alle sue richieste di consiglio; e come soluzioni alle sue perplessità, gli suggerirono di “Gustare tabacco, di bere qualche bicchiere di bitta, e ballare con delle belle ragazze”. Ciechi, duci di ciechi! E che giustificazione avevano le loro rendite parrocchiali riscosse e divorate; che bisogno c’era di foggiare quei tricorni dalle falde larghe , e d’indossare cotte e sottane ; che necessità c’era di tanto indaffararsi, e fare riparazioni alla Chiesa e suonare d’organi e di campane, e far tanto chiasso nel loro angolo del gran mondo di Dio… , se l’uomo non fosse altro che una macchina per digerire, e il suo stomaco con le sue appendici la sola Grande Realtà?
Fox volse le spalle con le lacrime agli occhi e con un santo disgusto, e ritornò al suo tavolo di lavoratore del cuoio… e alla sua Bibbia. Una montagna di ceneri più alta dell’Etna si era adesso accumulata sul suo spirito: ma spirito esso era, e non si rassegnava ad essere soffocato. Per lunghi giorni ed altrettanti notti di silenziosa agonia egli lottò in quel negozio di calzolaio, divenuto più sacro di ogni santuario del Vaticano e della Madonna di Loreto: lottò e si dibattè per liberarsi …. “Così bendato, inceppato, con mille esigenze di lavoro, obblighi, cinghie e stracci e ritagli non posso più vederci né muovermi, non appartengo più a me stesso ma al Mondo: e intanto il Tempo passa e il Cielo è in alto e l’abisso è profondo. Uomo! Pensa ai casi tuoi se hai cervello in testa! Che cosa me l’impedisce? Che cosa mi trattiene qui? …Il bisogno? Il bisogno! E di che? Potranno tutti i guadagni di tutte le scarpe sotto la luna bastare a trasportarmi fino a quella terra luminosa laggiù? … oh! So io dove ritroverò la mia libertà spirituale: nella foresta; là dove il cavo di un albero mi darà alloggio, e frutta selvatiche saranno il mio cibo! E per abito…? Ah! E non posso io cucirmi un abito di pelle di durata eterna?” E Giorgio Fox, un bel mattino, stende per l’ultima volta la sua tavola di tagliatore e taglia pelli su un nuovo modello, e le cuce insieme a formarsene una tuta, lavoro di congedo della sua lesina. Cuci, nobile spirito! Ogni foro della tua lesina va dritto al cuore della schiavitù, del culto del Mondo e del Dio Mammone. Ogni punto ti fa avanzare di un passo nella terra della vera libertà. A lavoro compiuto, vi è nella Grande Europa un uomo libero: e quell’uomo dei tu…”.
“Se Diogene “ , conclude Carlyle dietro la maschera di Teufelsdrok , “fu il più grand’uomo dell’antichità, ( salvo un po’ più di decoro), a più forte ragione G. Fox fu il più grande tra i moderni: perché anche egli si erge sulla base adamantina della sua umanità, rigettando ogni puntello e ogni sostegno: non con un selvaggio disprezzo svalutando la Terra dal Tempio della sua botte, ma … proclamando sotto l’usbergo della sua tuta di pelle la dignità e la divinità dell’uomo, con spirito d’amore”. Fin qui Carlyle.
*******
(continua, la pagina 7 di 48, IL CAPITOLO “CRISI RELIGIOSA DI GEORGE FOX”)
I lavori di trascrizione manuale e digitalizzazione avanzano un poco alla volta, senza nulla togliere alle mie attività quotidiane. 😊 Arriveremo anche a questa meta.