OTTO FRANK: 12 MAGGIO 1889 – 19 AGOSTO 1980.
Grazie, Otto.
Otto Heinrich Frank nasce il 12 maggio 1889 a Francoforte sul Meno. Ha due fratelli, uno maggiore, Robert, uno minore, Herbert, e una sorella, Helene. Il padre, Michael Frank, è proprietario di una banca specializzata in servizi cambiavalute. La famiglia è ebrea liberale. Otto non frequenta una scuola ebraica, ma il ginnasio pubblico Lessing e dopo la maturità frequenta per un semestre estivo la facoltà di storia dell’arte presso l’università di Heildelberg. Otto lavora un anno in una banca e poi fa dei tirocini e dei lavori negli Stati Uniti, incluso presso i grandi magazzini Macy’s.
Nel 1909 muore suo padre e nell’autunno 1911 torna in Germania dove trova lavoro in un’azienda di Düsseldorf. Nel 1914 scoppia la Prima Guerra Mondiale e un anno dopo Otto e i fratelli vengono chiamati nel’esercito tedesco. Otto viene mandato a combattere sul fronte occidentale, ottenendo la promozione al grado di tenente. La Prima Guerra Mondiale si conclude nel 1918, causando milioni di vittime, ma Otto, i suoi fratelli, sua madre e sua sorella sopravvivono. Dopo il primo conflitto mondiale, Otto, seppur controvoglia, subentra insieme al fratello Herbert e alla madre nella direzione della banca.
Il 12 maggio 1925 sposa Edith Hollander. Le nozze si celebrano ad Aquisigrana, in Germania. Il 16 febbraio 1926 nasce la loro primogenita, Margot Frank, e il 12 giugno 1929 nasce la loro secondogenita, Anne Frank. Dopo che Otto e la sua famiglia si sono trasferiti ad Amsterdam, città in cui Otto fonda la ditta Opekta, divenendone direttore, e dopo l’arrivo dell’antisemitismo, il 6 luglio 1942 Otto e la sua famiglia entrano in clandestinità, rifugiandosi nell’Alloggio Segreto.
Dopo l’arresto e la deportazione nel campo di transito di Westerbork, Otto viene deportato ad Auschwitz.
Otto Frank è l’unico membro della famiglia Frank a essere sopravvissuto al dramma della Shoah.
Nel 1945 nei giornali e nei cinegiornali americani comparivano le prime immagini dei lager, dei cadaveri, di quella silenziosa, orrenda realtà ormai impossibile da non vedere.
Dopo la liberazione di Auschwitz da parte delle truppe russe, in nave Otto si recò a Marsiglia via Odissea. Fino a prima di potersi trasferire in Svizzera, nel 1953, rimase ad Amsterdam. Otto riuscì a scrivere a sua madre, esternando la sua speranza di potersi riunire presto a sua moglie Edith e alle bambine, Margot e Anne, che credeva ancora in vita. Scrisse sul retro di un formulario con le disposizioni del comando del lager. Il mittente riportato sulla lettera era “Otto Frank, nato il 12-5-1889, pr. Nr. 9174”. Quello era il numero tatuato sul braccio sinistro di Otto.
“Carissima mamma, spero che queste righe possano raggiungerti e portare a te e a tutti i cari la notizia che sono stato salvato dai russi (…) Non so dove si trovino Edith e le bambine, dal 5 sett. ’44 siamo separati. Ho sentito dire solo che le hanno portate in Germania. Speriamo di rivederle sane e salve.”
Anche nella cartolina successiva, che Otto scrisse da Katowice, egli confida ancora che Edith, Anne e Margot siano in vita.
“Ancora non so decidermi a raccontarvi nei particolari le mie esperienze, per voi l’importante sarà sapere che sono vivo e in buona salute. Certo comprenderete quanto mi tormenti il pensiero di non sapere dove si trovino Edith e le bambine. Nutro comunque di ritrovarle tutte in buona salute e non voglio lasciarmi scoraggiare (…) Quasi non riesco a immaginare una situazione normale. Ancora non voglio pensare al futuro. Qui sono un mendicante e ne ho anche l’aspetto (…) penserò sempre con gratitudine alla liberazione da parte dei russi. Se non mi fossi trovato in ospedale per deperimento organico – pesavo 52 chili – sarei morto senz’altro (…)”
Nella lettera successiva Otto scrive ancora da Katowice, ma stavolta ha scoperto una straziante verità:
“Non sono in grado di scrivere molto, perché naturalmente la notizia, appena ricevuta, della morte di Edith, avvenuta il 6-1-1945, mi ha colpito tanto che non sono più lo stesso. Il pensiero delle bambine mi sostiene. Edith è morta in ospedale per la debolezza causata dalla denutrizione, e il suo corpo non ha retto a un disturbo intestinale sopraggiunto in seguito. In realtà anche questo è un assassinio perpetrato dai tedeschi. Se avesse resistito ancora due settimane, fino alla liberazione da parte dei russi, tutto sarebbe andato in modo diverso.”
Nei mesi successivi, a causa della guerra e a causa del fatto che Otto fosse apolide (richiese la nazionalità olandese ma riceverla era molto difficile) non poté spostarsi con facilità e raggiungere i suoi cari, in pena per lui e per Anne e Margot. Otto si aggrappava disperatamente alla possibilità che le sue figlie fossero ancora in vita e pur di ricevere qualche risposta, e magari ricongiungersi a loro, interrogava tutte le persone che tornavano dai lager, studiava gli elenchi che venivano pubblicati sui giornali e si informava presso la Croce Rossa (dove si conservavano le liste dei sopravvissuti e si raccoglievano anche le testimonianze delle vittime).
Il 18 luglio 1945, Otto Frank scoprì la verità sul destino delle figlie. Sugli elenchi della Croce Rossa, accanto ai nomi di Margot Betti Frank e Annelies Marie Frank, scoprì la funesta croce. Le sue bambine erano morte. Margot non era arrivata a compiere diciannove anni e Anne non era arrivata a compierne neanche sedici. Di loro era rimasto poco o niente, la guerra e i nazisti si erano portati via ogni cosa. Tra le poche cose rimaste di Anne, c’è anche il suo diario. Quel diario cui Otto si aggrapperà per continuare a sentirsi vicino alla figlia, e che poi deciderà di far pubblicare, almeno in parte, sperando che le parole di Anne, e la sua positività, potessero aiutare gli altri quanto hanno aiutato lui.
Il 25 giugno 1947 Otto fa pubblicare il diario di Anne. Nel 1952 egli si trasferisce a Basilea, in Svizzera, e il 10 novembre dell’anno successivo sposa Elfriede (Fritzi) Geiringer, nata Markowitz, viennese come lui e sopravvissuta ad Auschwitz, che aveva perso il figlio e il marito a Mauthausen. Il 19 agosto 1980 Otto muore a Birsfelden, nei pressi di Basilea, dopo aver dedicato gran parte della vita al diario di sua figlia Anne e alla diffusione dei suoi messaggi.
“E chi poteva saperlo?” disse Otto alla sua famiglia, dopo la sua deportazione nel campo di sterminio di Auschwitz e l’aver scoperto di aver perduto per sempre sua moglie Edith e le sue bambine, Margot e Anne: “Chi avrebbe potuto immaginare una cosa del genere?”