Ancora…

Tratto da Il Sole 24 Ore: non dimentichiamo Uva,Cucchi, la Diaz…
 
Carabiniere ucciso, nella foto del ragazzo bendato la violazione di Costituzione e diritti dell’uomo
Il trattamento riservato all’americano Gabriel Christian Natale-Hjorth è contrario a quanto stabilito dagli articoli 13 e 27 e dall’articolo 3 della Convenzione Europea di Diritti dell’Uomo
di Simone Lonati
 
29 luglio 2019
 
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4′ di lettura
 
Nelle ultime ore diversi giornali hanno pubblicato la foto di Gabriel Christian Natale-Hjorth mentre si trova in una caserma dei carabinieri di Roma: Natale-Hjorth è il ragazzo statunitense di 18 anni sospettato di aver preso parte all’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega venerdì scorso nel centro di Roma. Ha le manette ai polsi, con le braccia dietro la schiena: seduto su una sedia, attende forse di essere interrogato.
 
Americano bendato, gli effetti della pubblicazione della foto
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Ma l’immagine che più colpisce è quella testa china con una benda sugli occhi circondata sullo sfondo dalle divise di alcuni carabinieri.
La reazione dell’Arma all’immagine diffusa è stata immediata con l’apertura di un’indagine interna che ha portato, come primo risultato, all’individuazione dell’autore del gesto e al suo trasferimento in un ruolo non operativo.
 
Come spesso accade in questi casi, la politica non ha perso tempo per intervenire sulla questione. Ecco quindi il ministro dell’Interno ricordare a coloro che si lamentavano della benda sugli occhi dell’arrestato «che l’unica vittima per cui piangere è un uomo, un figlio, un marito di 35 anni, un Carabiniere, un servitore della Patria morto in servizio per mano di gente che, se colpevole, merita la galera a vita. Lavorando». Per fortuna, ci ha pensato il presidente delle Camere Penali a ricordare come «nemmeno nel momento del lutto e del dolore per l’assurda morte di un carabiniere lo Stato può permettere l’esistenza di proprie zone franche dove le leggi non vengono rispettate», tanto più «perché un atto istruttorio, sia esso una confessione, una testimonianza o un interrogatorio, se svolto con modalità che coartano la libera determinazione di una persona deve essere dichiarato nullo».
 
 
Carabinieri e procura indagano su foto choc omicida del carabiniere
Proprio per evitare qualsiasi tipo di contestazione in merito alla utilizzabilità degli elementi investigativi, il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma ha affermato con estrema chiarezza come «le informazioni fornite dalla Procura della Repubblica circa le modalità con le quali è stato condotto l’interrogatorio consentono di e scludere ogni forma di costrizione».
 
«Nemmeno nel momento del lutto e del dolore per l’assurda morte di un carabiniere lo Stato può permettere l’esistenza di proprie zone franche dove le leggi non vengono rispettate» (Gian Domenico Caiazza, presidente Camere Penali)
 
Al di là delle difficili valutazioni in merito alle future ripercussioni che l’immagine diffusa avrà sia nell’ambito dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti, dove il ricordo del cosiddetto caso Knox non si è mai assopito, sia riguardo alle possibili contestazioni procedimentali in merito all’utilizzabilità degli elementi raccolti, ciò che colpisce è come la situazione immortalata dalla fotografia violi garanzie cardine del nostro sistema processuale.
 
 
In tal senso, autorevoli voci tra cui quella dell’ex presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick, hanno evidenziato come la condizione di una persona sottoposta a fermo, ammanettata e bendata, rappresenti la violazione di almeno due disposizioni costituzionali, gli articoli 13 e 27, che disciplinano il divieto di violenza fisica e morale su persone sottoposte a restrizioni di libertà nell’ottica della funzione rieducativa della pena. Risulterebbero integrati poi anche i reati di “Abuso di autorità contro arrestati e detenuti” e di “Violenza privata” previsti dal codice penale: delitti posti a tutela della dignità proprio degli individui sottoposti a limitazioni della libertà personale, nell’idea che lo Stato debba riconoscere e rispettare i diritti delle persone, anche quando queste siano sottoposte a misure restrittive.
 
In ogni caso, il trattamento riservato da alcuni carabinieri al giovane statunitense si pone in palese violazione delle norme sui diritti umani stabilite dalle principali convenzioni internazionali a cui l’Italia aderisce. Si pensi, ad esempio, all’articolo 3 della Convenzione Europea di Diritti dell’Uomo che proibisce oltre la tortura e le pene inumane anche i trattamenti degradanti. Se, in base ai soli elementi resi noti fino a questo momento, potrebbe forse escludersi l’integrazione del fumoso reato di tortura recentemente introdotto nel nostro ordinamento, è del tutto evidente come l’intento perseguito fosse quello di disorientare e traumatizzare la persona sottoposta a fermo al fine di porlo in uno stato emotivo di sofferenza e di subalternità.
 
La direttiva europea 2012/13 ha imposto agli Stati dell’Ue di consegnare a tutti gli arrestati una lettera con scritto l’elenco dei loro diritti (diritto all’avvocato, all’interprete, al gratuito patrocinio, a contattare una persona terza, ad accedere al fascicolo, al silenzio)
 
Tale condotta, che non sappiamo se sia avvenuta prima, durante o dopo le spontanee dichiarazioni fornite dal ragazzo, non può essere in alcun caso giustificata: la Corte di Strasburgo ci ricorda infatti come il divieto di tortura e trattamenti degradanti non possa subire deroghe né eccezioni, neppure quindi nella comprensibile concitazione emotiva causata dalla perdita di un collega stimato e rispettato. Ed è anche per questo motivo che negli ultimi anni la Commissione Europea ha promosso con forza i diritti di imputati e arrestati, con specifica attenzione alla problematica fase dell’arresto. In particolare, ha messo a punto – e in parte realizzato – la tabella di marcia di Stoccolma, un insieme di direttive volte a rafforzare tali i diritti. Addiruttura, la direttiva europea 2012/13 ha imposto agli Stati dell’Ue di consegnare a tutti gli arrestati una lettera con scritto l’elenco dei loro diritti (diritto all’avvocato, all’interprete, al gratuito patrocinio, a contattare una persona terza, ad accedere al fascicolo, al silenzio).
 
È doveroso domandarsi quante altre volte sono avvenute e avvengono simili violazioni senza che nessuno ne sappia niente
 
Assistiamo infine all’ennesimo episodio (il terzo in pochi mesi, dopo quelli di Cesare Battisti e Carola Rackete) di divulgazione e pubblicazione di immagini in violazione della legge perché ritraggono una persona privata della libertà personale sottoposta a mezzi di coercizione fisica, senza il consenso della stessa. Pur nella condanna anche di tale condotta, è triste dover constatare come soltanto grazie a questa fotografia l’opinione pubblica sia venuta a conoscenza di un episodio così grave, perpetrato in pieno giorno all’interno di una caserma romana. È doveroso quindi domandarsi quante altre volte sono avvenute e avvengono simili violazioni senza che nessuno ne sapesse o ne sappia niente.
 
Se, come è vero, la privazione della libertà è un banco di prova su cui si misura la capacità delle istituzioni di garantire l’effettività dello stato di diritto anche nelle situazioni più difficili, i risultati immortalati nell’immagine di quella testa china con una benda sugli occhi non fanno onore proprio a nessuno.

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