25 aprile 1945: la liberazione
GIOVANNI GALBERSANINI (vivente)
“Un po’ di giorni prima si sentiva che c’era già qualche cosa per aria e abbiamo cominciato a prepararci; io le armi le conoscevo già perché avevo fatto l’addestramento in Germania.
Gli avieri che erano nella Villa Restelli avevano paura, i tedeschi non uscivano più dal magazzino….allora siamo andati su a Fagnano e a Solbiate a fare l’addestramento con il Lago, per andare all’attacco dello stabilimento.”
ANGELO BORSETTA
“Nessuno di noi si aspettava che sarebbe successo qualcosa quel giorno. Al mattino presto io e la Signorina Amelia Castiglioni siamo partiti in bicicletta per Milano allo scopo di chiedere al CNLAI (Comitato Nazionale di Liberazione Alta Italia) che cosa si doveva fare del magazzino tedesco, una volta arrivato il momento giusto.
Allora si poteva percorrere in bicicletta l’autostrada che aveva una sola corsia e alla quale si poteva accedere per mezzo di una rampa che era stata approntata quando il Re e Mussolini erano venuti a Busto.
A Legnano abbiamo avuto l’occasione di vedere una delle tante scene che capitavano in quei giorni: un gruppo di partigiani stava assalendo la caserma delle Brigate Nere e tutti saccheggiavano, anche gli operai che andavano al lavoro.
Vedendo questo noi ci siamo impauriti temendo l’arrivo dei fascisti e dei tedeschi che avrebbero fatto sicuramente una rappresaglia.
Arriviamo a Milano e andiamo dal prof. Gasparini, in Viale Sardegna e gli spieghiamo la nostra situazione perché non volevamo che si ripetesse il saccheggio dell’8 settembre 1943.
Egli allora ci presentò ad un pittore che era uno dei capi del CLN e che accettò di aiutarci, dopo che il Prof. Gasparini si fece garante per noi.
Il pittore ci accompagnò presso la ditta Borletti, dove c’era una scuola industriale nella quale insegnava un capo partigiano che si chiamava Franchi, come nome di battaglia.
Gli spiegammo tutto e lui ci disse che si era appena riunito il CNLAI e che a mezzogiorno avrebbe interpellato i dirigenti e ci avrebbe dato una risposta.
Lasciammo lì la bicicletta, prendiamo il tram per andare da una mia cugina a mangiare qualche cosa; mentre andiamo, improvvisamente si fermano tutti i tram: passava una colonna di autoblindo e di camionette tedesche che andava all’Arcivescovado.
Su una di quelle c’era Mussolini che fuggiva per espatriare.
Il tram ci porta oi in corso Buenos Aires, andiamo da mia cugina, mangiamo qualche cosa e lasciamo i bollini del pane che servivano per comprare altro.
Ritorniamo alla Borletti dove ci dicono di tornare subito a Olgiate perché c’era l’ordine di insurrezione armata contro i tedeschi; al magazzeno avrebbero provveduto dopo.”
GIUSEPPE MENZAGHI
“Ero lì tranquillo; chi sapeva che succedesse qualcosa?
Ad un certo punto stavo lavorando dal mio principale, che mi nascondeva, … sento un movimento e sento gridare …sono saltato fuori.
Sono andato a casa, mi sono cambiato, sono andato in paese subito e mi sono organizzato lì in palestra col Castiglioni Ambrogio, quello lì al cimitero.”
AMBROGIO CASTIGLIONI
“Io allora ero dispensiere al Circolo Verdi e tenevamo nascosti dei moschetti sotto la tettoia della legnaia; il 25 aprile li abbiamo tirati fuori.”
CARLO FERRARI
“Il 25 aprile io ero pronto; lo sapevo che sarebbe successo qualche cosa perché avevo la radio in casa e ascoltavo tutte le notizie.
Sono andato dal presidente del CNL, rag. Macchi, dicendo che ero pronto coi miei uomini.
Li disposi in gruppetti, parte sulla stradina dell’Oratorio vecchio, parte erano qui in giro, altri erano sulla costa di S. Antonio.
Si andava come passeggeri qualsiasi per non dare nell’occhio.
Altri erano sulla via Diaz dove c’era la stazione radio là prima dell’incrocio con Via Fagnano.
Aspettavamo i partigiani che dovevano arrivare lì; infatti arrivarono i partigiani della Val d’Ossola.
None eravamo armati, tranne io che avevo una rivoltella della prima guerra mondiale.
Quel giorno Don Zappa era andato giù allo stabilimento per chiedere ai tedeschi di arrendersi perché da lì non potevano muoversi.”
AMBROGIO CASTIGLIONI
“Mi ricordo che quel giorno Don Zappa era sceso giù allo stabilimento per parlare coi tedeschi e per convincerli ad arrendersi ma non riuscì nell’intento.”
GIUSEPPE MENZAGHI
“Noi eravamo del tutto armati.
Abbiamo trovato uno con la macchina, un certo Mario Farioli, e gli abbiamo chiesto di portarci giù alla Canazza di Legnano per rifornirci delle armi; ne abbiamo prese mica male e siamo scesi al Piegnone.
Allora si sparava giù perché i tedeschi erano lì dal Tognella però non si sapeva che c’era un piccolo fortino sulla costa di Prospiano, sopra i bunchers, con una mitragliera da 22 mm.”
ANGELO BORSETTA
“La mattina del 25 aprile il CNL entrò in Comune, ne prese possesso e allontanò immediatamente il Commissario Prefettizzio e sua figlia ma confermò la fiducia al Segretario Comunale, rag. Giovanni Capozza, e ai suoi collaboratori.
RAG. GIOVANNI CAPOZZA
“Non appena veniamo al corrente dei fatti che stavano precipitando, radunai i miei collaboratori chiedendoci che cosa dovevamo fare. La risposta fu: “Continuiamo il nostro lavoro!”.
Ad una certa ora del mattino si presentarono in Comune il rag. Macchi, i signori Carlo Ferrari, Nino Merelli e Leopoldo Borsetta.
Noi ci alzammo tutti in piedi per sentire che cosa dovevano dirci.
Il rag. Macchi si avvicinò a me e, stringendomi la mano disse: “Continui pure il suo lavoro coi suoi collaboratori”.
Fui felice di questo atto di correttezza e di stima nei miei confronti.”
LUIGI ALBE’
“Il rag. Macchi Albé, che durante la resistenza si era dovuto tenere nascosto presso la zia Luigina di Olgiate, il giorno 25 aprile venne dalla via Diaz con un gruppo di partigiani per prendere ordini dal CNL che aveva occupato il Municipio… .”
ANGELO BORSETTA
“Quel giorno il CNL telefona giù al Comando tedesco intimando la resa ma i tedeschi rispondono che non possono rendere decisioni dato che il loro Comando di Legnano non rispondeva alle chiamate.
Ad un certo punto un soldato tedesco rimane ferito: allora il Comando telefona in Municipio chiedendo l’intervento di un medico.
Viene chiamato il dottor Fraenza che si fa accompagnare dal Don Zappa.
Mentre però iniziano la discesa, portando un grande lenzuolo bianco in segno di riconoscimento, vengono fatti segno a colpi d’arma da fuoco per cui sono costretti a ritornare indietro.”
GIOVANNI GALBERSANINI
“C’era dalla parte di Prospiano, sulla costa sopra i bunkers, una mitragliera che proteggeva il Comando tedesco e il magazzino.”
ANGELO BORSETTA
“C’erano alcuni punti di osservazione partigiana: uno era a Est sul campanile della Chiesa Madonna di Marnate; un altro sulla costa del Pignone (lato Ovest); un terzo era sul campanile della Chiesetta di Sant’Antonio (lato Nord). Qualcuno entrò nel bustese guardando l’Olona.”
CARLO FERRARI
“Allora una parte dei partigiani l’ho mandata giù per entrare nello stabilimento della Sanitaria ed anch’io sono entrato di lì. Qualcuno di Fagnano era entrato dal cancello e ci siamo trovati di fronte.”
GIOVANNI GALBERSANINI
“E siamo arrivati giù dalla discesa della S. Antonio, poi siamo girati dietro alla casa operaia (Pignone).
Tanti sono passati dall’Olona, noi invece siamo passati dal cancello perché i tedeschi potevano vederci.”
ANGELO BORSETTA
“Alla sera del 25 aprile i partigiani erano già entrati nello stabilimento.
C’erano quelli di Olgiate e quelli di Fagnano; uno di Fagnano era stato colpito a morte mentre passava da un riparo all’altro.”
OLGA BANFI
” Quel partigiano ferito a morte l’ho tamponato io, l’ho fasciato e l’ho portato all’Ospedale di Busto.”
AMBROGIO CASTIGLIONI
“Il portinaio del Tognella allora era il genero del “Ninola” ci faceva segno di andare avanti ma noi avevamo paura che i tedeschi fossero nascosti da qualche parte.
Tra l’altro era stato ferito uno di Fagnano.”
ANGELO BORSETTA
“Verso sera un camion di tedeschi venne da Legnano e incominciò a sparare lungo la strada, poi scese per via Isonzo.
I tedeschi non trovarono resistenza perché i partigiani erano già dentro lo stabilimento ed erano rimasti intrappolati là,”
GIOVANNI GALBERSANINI
“Alla sera venne giù dalla discesa un camion di tedeschi che sparavano all’impazzata; buttarono anche due bombe a mano nella palestra poi sono scesi nello stabilimento.
Meno male che non hanno sparato come dovevano sparare!
Dopo sono entrai e sono rimasti chiusi dentro con i partigiani.”